Omaggio
a Ubaldo Giacomucci
... sulla musica incauta dell'infinito ...
alla sua Simona
[ Tra il muro e le alghe, in un sogno di
marmo
slittano le voci resistenti
e
inconsuete, avvolte da fibbie e fondali
come
una statua improvvisata, un altare
cosparso
di gesso e di spore.
–
Ubaldo Giacomucci – ]
Ci sono poeti e amici della poesia, di cui
nemmeno più ricordiamo
come e quando li abbiamo
conosciuti – tanto essi ci sono sempre rimasti
amici profondi, sodali usuali
nella vita, nei gesti, nelle vicende, e vorrei dire anche nelle opere... Ubaldo
Giacomucci era tra questi. Scrivo era, perché da pochi giorni è venuto a
mancare, se n'è andato in modo insieme dignitoso e appartato – così come sempre
in fondo era vissuto.
Era... era... Ma non mi sento di archiviare quest'amicizia, questo nostro legame umano e letterario, tra le declinazioni dell'imperfetto, le coniugazioni d'un passato affettuoso ma ormai spento. Ubaldo aveva con la poesia un rapporto fertile, quotidiano, di seminatore diligente e paziente. "Seminatore", ma non nelle pose romantiche d'un realismo di maniera, d'un luminoso e operoso credo laico: lui era tutto questo e molto di più; aveva comiciato da avanguardista, aveva fondato "Tracce", a Pescara (rivista e insieme fortunata Casa Editrice), assieme all'infaticabile e sororale Nicoletta Di Gregorio, come una cooperativa, uno stuolo scelto di amici, tutti assolutamente "moderni", comunque lontani da stili e stilemi passatisti... (Nicoletta ad esempio, veniva da beneamati studi d'Arte, era stata compagna di classe di Andrea Pazienza – Paz! –: avevano avuto come professore un maestro limpido e riservato, libero e fantasioso come Sandro Visca – a sua volta allievo/amico di Burri)...
Quanti libri, negli anni, abbiamo condiviso
(a partire dalla fine anni '80!). Quante presentazioni, convegni, meetings,
prefazioni, collane, proposte che rendevano giustizia a una città, Pescara –
una cittadina sempre più allargatasi, per intenderci, dal borgo marinaresco de Le
novelle della Pescara – che aveva dato i natali a D'Annunzio e poi a
Flajano, certo, ma cercava una sua nuova identità di fine secolo, perché il
'900 davvero rinascesse come secolo primo d'un millennio nuovo in tutto, anche
nei linguaggi.
Ora è ozioso e triste, ricordare gli appuntamenti più riusciti di questo sogno e bisogno, ma Ubaldo, con "Tracce" e Nicoletta, c'era sempre... Sembrava pigro ma era infaticabile, prospettico e propiziatorio, propugnatore e designatore d'un manifesto continuo del fare/poièin: umile e modernista, placido e febbrile all'unìsono. Si è trascurato?, come giurano gli amici. Era depresso? Sedotto dal mostro forse anch'esso virale del Cupio dissolvi?... Giunto quasi all'appuntamento coi 60 si è insomma lasciato andare, ha presso sottogamba problemi circolatori, difficoltà e impacci vascolari che abbastanza in fretta, invece, lo hanno condannato – fra la dolorosa stupefazione di chi lo conosceva... Un lock-down anche mentale, una sfinita e malinconica reclusione emotiva, all'interno del lock-down pubblico e obbligato...
Ma non è stato il covid... C'è chi se lo
chiedeva... Forse, oso dire oggi, a pochi giorni dall'infausto evento, è stata
una sorta di dannato, appiccicoso e insidioso ripiegamento – che ha aggiunto
ombre cupe di romanzo a una vita che finora scorreva quieta. Sì, i consueti
dolori nel travaglio dell'Epoca e d'ogni esistenza... Il dolore per la perdita
della Madre... O di amici davvero cari, pulsanti appuntamenti quotidiani (penso
a Marco Tornar, un poeta appartato e travagliato già di suo, anche lui, più di
lui, infibrato, salvato e contagiato da un'elegante melanchòlia
leopardiana). Più di recente, il lutto per un grande e difficile amore – Simona
(scomparsa proprio a un soffio dalle loro sognate e progettate nozze) – cui
Ubaldo tanto s'era votato, ricambiato; ma come in un triste idillio
leopardiano, sfumato, reciso da un vento alzatosi più forte, nella sua, loro
città di mare – che siamo abituati a immaginare vacanza estiva, luogo felice: e
cova invece stagioni immensamente tristi, inverni e rigori che non misura la
metereologia, ma una balbettante, asfissiata alchimia dell'anima.
...
All'apparir del vero
Tu, misera, cadesti ...
*******
Era poeta, e anche bravo, Ubaldo: che per
tutta la vita s'è occupato quasi solo della poesia e della scrittura degli altri.
Un po' per lavoro, certo, predisposizione d'editore vero (l'editore in senso
filologico, classico – che si prende cura dei libri, li aiuta a nascere,
come un ostetrico minuzioso e illuminato). Ed era anche, e sempre meglio, un
valente cervello critico, capace in poche righe di condensare stille o stelle
di semplici arcani, o quotidiani universi...
Ricordo alcuni suoi interventi nemorabili,
anche discorsi in pubblico, incredibilmente timidi e fieri insieme, brevi ma
indimenticabili. Lui e Nicoletta, in questo, lasciavano il segno. Un segno
plurimo, artistico, letterario, avanguardista, epocale, etico,
psico-sociologico.
Bello un suo saggio sinestetico del
2000, Le ragioni dell'invisibile, degno di miglior fortuna. Non so se la
fortuna aiuti davvero gli audaci, ma lui comunque audace non lo era –
era creatura mite, appartata, trasognata. Ripeto, un buon poeta: ma le sue
poesie, molto presto, non ha più voluto nemmeno stamparsele (dopo il bell'esito
delle Regole dell'impazienza, 1992, da anni avevo lo scartafaccio in
bozze d'un suo libro che poi finì col lasciare lì, socio emerito del sindacato
delle opere incompiute, magari proprio quelle più giuste, più oneste,
più ispirate).
Bisognava carpirgliele, le poesie –
estirparle, estrarle come denti scheggiati e cariati di dolcezza. Lo fece nel
2010 Anna Maria Giancarli, quando andò a raccogliere i contributi dei poeti
italiani per L'Aquila, aggregando un'antologia finalmente solidale, quanto
inopinata. Ubaldo, anche lì, estrasse dal suo cilindro dei versi non di
maniera, per nulla retorici, pur nella laica liturgia della pietas:
non ci sono più pietre nel cuore
né catene, ma specchi, redenzioni
e scoperte; una concezione indiscreta
ci scardina ogni giorno e in televisione
c'è un solo volto che non sappiamo
scrutare (troppi dolori in tasca
con un sapore immeritato di sconfitta,
e una ferita che brucia l'anima
perché non sappiamo chiedere, eppure
hanno sfilato in un centro invivibile
quelli che non ne conoscono la violenza
...
Ma noi lo stimavamo davvero, così come tutti
quelli che nei decenni ebbero il modo di collaborarci, di dialogarci. Ricordo
non pochi compagni di strada (assieme alla giudiziosa e generosa Nicoletta Di
Gregorio): figure disparate e anche divergenti – ma tutti lo rispettavano ed
ascoltavano, in nome della stima. A caso e per mero riaffiorare lampeggiante,
starei per dire rifioritura ancestrale, ricordo la verve di Umberto
Piersanti, la sicura e fedele fideiussione culturale, anche emotiva, di Renato
Minore; il coraggio umano e civile di Stevka Smitran; l'estro e insieme il
magistero artistico di Sandro Visca, o Francesco Summa, o Elio Di Blasio; il
lungo percorso esegetico e creativo di un Mario Lunetta; l'impegno appunto
strenuo e cristallino della Giancarli, pasionaria del verso tra l'Io e
la Storia, i sacri diritti delle Donne...
(E quante donne frequentarono, operose e a
loro modo illuminate, le stanze di "Tracce", in quegli anni comunque
di crescita, del paese e delle coscienze – e non è una semplice tirata
giornalistica: da Diana Conti, psicoterapeuta e poetessa/filosofa, a Maria Di
Lorenzo, poetessa ispirata e saggista d'indubbia finezza (scriverà un bel
ricordo di Elio Fiore – che è già un titolo di merito); da Lisa Di Marzio,
narratrice emotiva ed emozionata, a Vera Slaven, jugoslava
"autoesiliata", scrisse di sé, "profuga e inconsolabile
dall'estate 1991"; da una giornalista impegnata come Daniela Quieti
(autrice d'un bel saggio su Bacone), a Rita El Khayat, prima donna psichiatra
in Maghreb, scrittrice e antropologa, figura mitica cui Pescara conferì la
cittadinanza onoraria, e candidata da anni – fra l'altro – al Premio Nobel per
la Pace)... Ma sono troppi i nomi ancora da fare, e non basterebbe inanellarne
tanti altri, anche preziosi: Elena Clementelli e Giancarla Frare, Anna Ventura
e Anila Hanxhari, Ninnj Di Stefano Busà e Stefania Lubrani, Anna Rita
Persechino e Nostòs (Margherita Cordova)...
Rammento invece le vicende creative della
collana "D'emblée", che lui e Nico mi favorirono e che diede alle
stampe – in illo tempore – testi di Vito Riviello e Ivan Graziani; una
fortunata sceneggiatura di Francesca Archibugi, Mignon è partita, e le
serrate, rivelatrici cronache di superfunzionario RAI come Giovanni Leto,
spirito libero e finissimo (ed era la RAI che produceva il Leonardo di
Castellani, Padre Padrone, Matti da slegare, una RAI insomma
spesso accesa da antichi, ostili spiriti di censura)... Felice anche un'altra
collezione, "Terzo Novecento", aperta da Patto giurato (1996)
il memorabile saggio di Eraldo Affinati su Milo De Angelis: "... la poesia
moderna, quando è bloccata nella tensione verso l'assoluto, è come se scavasse
un buco nero premiando chi vi si perde."...
Last but not least, la trilogia
"I Posteri del Moderno" di Nina Maroccolo, tre titoli d'una sola
parola: Illacrimata, Animamadre, Malestremo (2011-2013)...
Che Ubaldo postillò da par suo in aura junghiana: "Il riferimento a James
Hillman non è certo casuale: Hillman crede che la psicologia debba evolversi
oltre il suo 'riduzionismo' presente ed abbracciare teorie sullo sviluppo
umano."...
Per non parlare dei contributi arditamente
sperimentali di figure importanti come Tomaso Binga, Mario Lunetta, Francesco
Muzzioli, Marco Palladini... O della stessa, caparbia e ispirata poetessa
brasiliana Márcia Theóphilo, con la sua recitata, salmodiante Amazzonia
oceano d'alberi.
Molto, assieme a Nico, Ubaldo e
"Tracce" fecero per i giovani, i poeti nuovi o comunque nuovi autori.
Difficile dimenticare collane "storiche" come Scrivere Donna
(dove esordirono, vincendo, poco più che ragazze, Maria Grazia Calandrone, Anna
Maria Farabbi...). O l'altra collezione di autori neofiti, Giovani scrittori
(sotto gli auspici della Fondazione PescarAbruzzo) tra cui vanno almeno
ricordati Marco Tabellione e Igor Di Varano, Gianluca Chierici e Riccardo
Bertolotti, Angelo Del Vecchio e Andrea Costantin...
Per non parlare di molti testi importanti,
in genere trascurati dagli editori altolocati, e di cui Ubaldo e Nico ebbero
cura. Su tutte, due collane, una di grandi autori stranieri riproposti in opere
cult (Epitalamio di Pessoa, La sgualdrina della costa normanna
della Duras – a cura di Sandro Naglia); l'altra di rari testi filosofici, i
"Maestri Occulti", diretta dall'indimenticabile e carissimo Mario
Perniola, che stampò il Klossowski di Aldo Marroni, il Rigaut di Dietro
lo specchio, Debord di Anselm Jappe... Ma anche i testi pedagogici,
la didattica istintiva e progressista di Franca Battista; e
"Armorica", una elegante collana anglosassone guidata da Francesco
Marroni; o gli agili, gustosissimi volumetti "Ad Alta Voce", coi readings
di poesia contemporanea curati da Luigi Amendola e Checco Tanzj: la voglia
piena, scanzonata e insieme impegnata, di uno "Spazio Totale" che
andasse "Oltre la Parola".
*******
Dopo malinconiche vicissitudini editoriali,
sofferte appunto assieme a Nicoletta, stoica storica amica e socia
inderogabile, nella buona e nella cattiva sorte (i bilanci, i debiti,
gli affitti, i conti delle tipografie, il purgatorio non sempre provvido degli autori!),
Ubaldo riuscì di recente a rimettere insieme il marchio di Tracce, per una renovatio
affettuosa quanto miracolosa. Riuscì ancora a editare qualche titolo (ricordo
un bel saggio di Angelo Piemontese su Pavese, nella collana diretta da
Francesco Paolo Tanzj; la fresca raccolta lirica di Fabio Tirone; un volume a
più mani sul senso e il ruolo, oggi, della Scrittura, indagata anche sul
filo della psicologia familiare e relazionale, grazie ai contributi di Silvana
Madia e Federica Fava Del Piano); una mia ultima collana di poesia dove feci
giungere all'appuntamento col possibile, e con la Voce Giusta, autori (e amici)
quali Lorenzo Poggi e Tiziana Marini, Fausta Genziana Le Piane e Paolo
Carlucci...
E tanti altri giovani di cui celebrare
fervorosi il battesimo, o suffragare via via gli esordi: i decenni cambiavano,
ma non le emozioni e le attese: 1989, Un dio per Saul di Daniele
Cavicchia; 1990, Il ponte di Heidelberg di Sergio D'Amaro; 1994, Gli
amplessi di Saint-Just di Fernando Acitelli; 2009, Cuore Cavato di
Bibiana La Rovere; 2012, Alia di Claudia Iandolo)... Le prime poesie di
Monica Martinelli (Poesie ed ombre, 2009), le presentammo da Feltrinelli
assieme a Walter Mauro... Erano in fondo già tre generazioni – ma ogni cosa,
ogni idealità si saldava e quadrava il cerchio.
Poi tutto fu nuovamente annichilito:
scivolò, inciampò angustiato e arrestato, ora e per sempre.
Solo la pazienza di Nicoletta,
collaboratrice da ultimo delle belle e citate edizioni della Fondazione
PescarAbruzzo, àuspice Nicola Mattoscio, riuscì a rubargli, accudirgli in
gioia qualche poesia nelle messi antologiche che intanto ri-nascevano. Nel
2015, il memorabile testo su Nutrimenti, per l'Expo 2015 a Milano. Nel
2020, ultimissima, la silloge a più voci Terra Mater, sulla salute e sui
doni della terra (una Terra però straziata, malata, in fondo, proprio
dell'umana presenza – ahinoi, negligenza – sino allo shakespeariano spettro di
Banquo... cioè della accanita, impennata pandemia, sanitaria e certo anche
epocale, conscia/inconscia a partita doppia)...
Ecco, vorrei ricordarlo, il nostro Ubaldo,
con questi suoi versi belli, pieni, totali, avvincenti in spire morbide e
accanite d'enjambements, senza mai dimenticare che i nutrimenti
terrestri (non più quelli rapinosi, soavi, gidiani) sono e dovrebbero
restare dono di tutti, per tutti:
In
questa terra perdono terreno
le richieste degli ultimi, ancora smarrite
fioche nei deserti o clamorose nelle scene
televisive dei soliti noti. Chiedimi
se qualcuno debba morire, se ancora
può perdersi un uomo per del cibo
o un alloggio, se valgono i sentimenti
per i più poveri, se posso credere che
finirà la fame nel mondo. ....................
Così che anche la Terra Madre, di continuo
c'insegna e ci ammonisce in quest'auspicio mai domo, quest'ansia mai rassegnata
– che chiede e assegna alla poesia, un fermo, nudo dovere civile :
Accosta alla fine un altro inizio,
suggerisci il copione sbagliato:
avremo un iceberg in salotto, un naufragio
senza più scuse, mentre balliamo
sulla musica incauta dell'infinito.
Ciao, carissimo Ubaldo! – arrivederci ad
altre plaghe, altri cieli, altri mari e orizzonti (Altre voci, altre stanze).
Tu che tanto amavi l'arte, le arti, la stessa musica, ultimamente la rete, sei
salpato, lo so, per una rotta che nessuna mappa riesce a segnare, a capire,
accettare. Lì ritroverai anime e cuori a te sommamente cari. Belle figure,
aneddoti o episodi da ricordare – da riseminare per un altro inizio...
Nella vita, dalla vita e oltre la vita che
sempre, prima o dopo, finisce: e diventa la rotta, l'emblema, l'Imago di tutti.
E lì tutti ci ritroveremo, quando sarà, il più tardi possibile, certo. Nel
Senza Tempo e Senza Spazio che ora t'ingloria, ti ospita e t'accoglie: già con
in mano qualche strana, divinante ultima bozza, di libri e testi ancora
da stampare, anzi leggere, correggere; fermare e poi bruciare per sempre, al
vaglio della Luce. Sulla musica incauta dell'infinito...
Ogni Bene, di vero cuore,
tuo Plinio
(S. Pasqua 2021)
Sento l'esigenza morale di un umile personale tributo a Ubaldo Giacomucci, che non ho avuto l'occasione di conoscere personalmente, ma che so essere non solo Editore della Casa Editrice Tracce, ma anche ottimo Poeta, come dimostrano le liriche postate, e critico letterario. Ubaldo ha accettato la patner -ship con il premio del nostro circolo Insieme per la Cultura "Voci" Città di Roma per due anni consecutivi, mostrando generosità anche in un periodo difficile come quello che stiamo attraversando. Lo scopro Poeta di alta statura volto al sociale, dall'ampio respiro espressivo e dalla cifra stilistica densa di pathos e di autentica ispirazione. Sento di dovergli a nome mio e degli amici dell'associazione gratitudine e ammirazione e amo parlarne al presente, in quanto, sono convinta, con Sant'Agostino, che non sia andato lontano, i parenti scopriranno presto che si è spostato nella stanza accanto e veglia su tutti loro. Il mio cuore è vicino a quelli di tutti i suoi amori e scelgo di salutarlo alla maniera cilena: "Arrivederci Ubaldo, benvenuto Ubaldo!"
RispondiEliminaMi associo a Maria Rizzi nel rendere omaggio a Ubaldo Giacomucci, che non ho avuto l' onore di conoscere personalmente ma solo attraverso brevi contatti telefonici, nella veste di Direttore delle Edizioni Tracce.
RispondiEliminaSono anch'io, come Maria, convinta che esista la "stanza accanto" di Sant' Agostino....
Un saluto a Ubaldo, con stima e ammirazione.
Loredana D'Alfonso