L’INNOCENZA DEL CREATO
VILLANOVA
Torna
il sole dopo la neve.
Nel
piano è fulgore e luce.
L’azzurro
ardente sui colli
candidi
splende.
Sotto
i piedi corre l’ombra
noi
camminiamo nel sole.
Per
noi vivi nell’ora del sole
non è
dolore.
Pura è
la nostra gioia
nata a
dileguare al sole
come
la neve.
Scenderemo
in corsa alle sale aperte
al
ballo: dalle finestre
vedremo
fanciulle scendere
a chi
le attese.
In
quel tempo, in disparte, la sera
vedrò,
non vedute le nuvole.
Sarà
il gelo e nelle danze acute
lo stordimento.
Andrea Zanzotto, Le poesie e prose scelte, I Meridiani,
1999
LIGONÀS
Quell’intimo
splendore
di
“c’era una volta” e che
da
dirupati anni mi resta diviso
………………………………..
Stillicidi
in colline stradine e giardini
e
anche là nel mistero che s’addensa ai Palù
che
dagli oblò di Ligonàs s’indovinano –
ed è,
tutto, colmo calice di nivale dolcezza
di
nivale attitudine ad appianare, sanare,
è-in-sé-e-per-sé
di neve involata, di soli involati –
Sole,
ma timido per geli, ma quasi supplicante
tregue
almeno di poche ore, deh!
ore
pur sempre d’etra purissimo, ah!
e neve
augurata, ma solo di tocco in tocco,
tatti,
contatti, feste, agguati placati –
appena
sopravvivente
ma ben
decisa a tutto
sopportare
per esistere qui e figurare, adeguare,
verde
e polveri e voci di altre ragioni…
E ogni
sole e neve, punto di sole o neve
va per
beatamente allacciare gli estremi di foco-luce e
di
gelo negato-negante, li allaccia per solo un dito
e poi
per dita e fiati e fiati e baci e baci
E
anche le più avverse potenze nel destino comune
si
fanno carezze e nozze e illimiti titillii
fanno
corona di gioia-lutto-iddii:
qui il
dirupo del ’29, del ’54, del ’63 megainverni
ed
altri dirupi di neve-sole di sommi-inverni
si
colmano, si ritrovano in seconda fila;
e i
bambini in slittino
si
lasciano andare appunto di dirupo in dirupo
da
dirupi alti tre dita o alti tre millenni
e
tutto è bambino in tintinno con loro, indenni
tra
gloriuscole-ombra già al primo pomeriggio…
Fatate dimenticanze già tentano e
ritentano,
magici sottozero
decine di sottozero, terribili eppure
dolcemente ridenti, irrisivi fino
all’indaco al turchino
preparano le irte, irsute d’addiacci,
nottate
che ridanno la voce di campo in campo,
di annate in annate.
Andrea Zanzotto, Sovrimpressioni, Mondadori, 2001
Le due
poesie di Andrea Zanzotto da me avvicinate,
appartengono a periodi diversi: la prima Villanova fa parte delle composizioni giovanili (1938-1942), la
seconda Ligonàs è del 1990-2000, età
più matura del poeta. Eppure presentano elementi comuni: i luoghi, i paesaggi
invernali, la presenza umana, la vita con le sue luci e ombre, certamente
trasferiti nei versi con modalità poetiche diverse. In Villanova piace l’atmosfera luminosa del paesaggio collinare in una
giornata invernale, accesa dal sole e dal candore nivale, abitata dalla gioia
giovane di chi vive il fremito dell’attesa della danza nelle sale animate di
giovani, fanciulle in corsa verso la festa per stordirsi nel ballo. Un’età
felice ignara della realtà: ci saranno poi le nuvole non ancora vedute, ci sarà
il gelo perché la gioia umana è apparentemente pura: si cammina nel sole
insieme al poeta e si avverte che sotto i piedi corre l’ombra; si avverte
la fragilità della gioia e il dolore come presenza nella condizione umana.
Tutto questo sente il lettore nella scena nitida, presa da vicino nel suo
presente, resa con linguaggio immediato, scena che sempre più si interiorizza
striandosi di ombre. E chi è in disparte, nella sera leopardiana, vede oltre il
paesaggio solare che già muta nella malinconia vesperale.
Nella
seconda, Ligonàs, protagonista è
ancora il paesaggio invernale delle colline innevate sullo sfondo e dei Palù
avvolti nel mistero, visione scrutata dagli occhi-finestra di una
casa-trattoria di campagna, appunto Ligonàs, abbandonata poi ricostruita.
Luoghi, paesaggi oltraggiati dal degrado ambientale, qui rivisitati in una
magica atmosfera memoriale, quella di C’era
una volta, quindi di lontananza, suscitano in me il senso di un mondo
perduto, rievocato dal poeta nel suo
segreto splendore, nel suo incantesimo, proprio da questa casa con gli oblò quasi casa d’acqua sospesa sugli
acquitrini dei Palù. Da qui vivo l’incanto di uno spazio tempo purificato dalla
neve che con la sua psicologia appiana
colma sana,decisa a tutto sopportare per esistere qui e rifigurare, adeguare,/
verde e polveri e voci di altre ragioni; neve insieme al sole che, con la
sua timidezza dovuta al gelo, è pur sempre purissimo e implora di rimanere
ancora. Neve e sole, che hanno dentro l’anima del poeta, penetrano così nella
vita umana creando legami che si dilatano nel tempo, nei luoghi per
dita e fiati e fiati e baci e baci, nel ricordo di un’età innocente che
riacquista la dolcezza di un procedere umano naturale in cui anche le più avverse potenze nel destino
comune/si fanno carezze:/ e nozze illimiti titillii/fanno corona di
gioia-lutto- iddii. L’uomo qui non è rappresentato come in Villanova, ma rievocato nei suoi gesti,
nei suoi riti purificati da questo paesaggio invernale che delinea il giorno,
la vita intera, la storia stessa in cui gli anni si ritmano, si contano in
relazione ai megainverni. Unica presenza reale sono i bambini sugli slittini,
bambini di ieri, di oggi anche, cioè l’innocenza dell’infanzia l’unica che
possa coesistere con la purezza della natura. E il pomeriggio bambino già con
le prime ombre si tinge nel tramonto invernale di indaco e turchino e prepara
le nottate gelide che si ripetono all’infinito nel tempo e nello spazio nottate/che si danno la voce di campo in
campo, di annate in annate.
La
lettura di quest’ultimo testo suscita in me un senso di stupore e devozione per
questa magica rappresentazione della natura che si muove nella sua eternità
segnando il tempo umano con la sua potenza, avvolgendo nel suo manto di neve,
espressione quasi musicale di armonia ed energia benefica e purificatrice, le
vicende dell’uomo ricuperate solo in tracce leggere del suo effimero passare. E
pure mi sorprende questo inno all’innocenza del creato nel suo solenne andare
così dai primordi in uno spazio illimitato, innocenza che appunto solo nei
bambini Zanzotto intravede nel suo desiderio di purezza universale. Mi
coinvolge il tutto reso da un linguaggio fatato, incantato, tenero proprio di
chi riguarda da lontano la bellezza perduta e colma, ricolma il suo rimpianto,
la malinconia sottesa per la terra amata offesa, proprio nella ricreazione di
essa in questa storia, leggenda d’inverno.
Due poesie appartenenti a fasi vitali differenti, con elementi comuni visti da prospettive psicologiche diverse, con altra resa poetica proprio per questa distanza emozionale da cui le scene sono rivissute. Un linguaggio quindi immediato realistico in Villanova che diviene in Ligonàs favoloso, fantastico, musicale, trascinante, talora bambino. Mi sento, in umiltà, molto vicina a Zanzotto e al suo sentire: in questa armonia ed energia del creato ritrovo tutta la tensione della mia pur modesta ricerca e della mia scrittura.
Maria Luisa Daniele
Toffanin
Marisa cara, questo tributo ad Andrea Zanzotto, l'intellettuale di Pieve di Soligo, del quale proprio quest'anno si celebrerà il centenario della nascita, è uno dei tuoi cammei e l'ennesima testimonianza della sensibilità e della grandezza della tua anima. La lirica tratta dai versi giovanili presenta in nuce le peculiarità della produzione poetica successiva, ma come giustamente sottolinei, si sofferma sulla osservazione
RispondiEliminariflessiva del paesaggio, sia come ambiente concreto, sia nei suoi tratti pittorici e figurativi. Zanzotto valorizza gli elementi naturali e il piccolo borgo, ovvero il suo territorio, da cui egli sembra osservare il mondo come da un angolo protetto. Seducente, allegro e al tempo stesso disilluso il Poeta inizia il proprio viaggio verso la consapevolezza della fragilità dell'uomo. Con una disamina alata svolgi poi l'esegesi della lirica "Ligonàs", che già nei primi versi narra l’incanto di un suo paesaggio perduto, rivisitato dalla memoria poetica come luogo dell’innocenza rigeneratrice della natura e dell’infanzia. Posso dirti da umile ascoltatrice di questo incanto, delle due voci, tua e di Zanzotto, che l'assonanza che avverti è molto forte, 'la sua armonia e l'energia del creato' sono tematiche che vi accomunano e creano la famosa affinità elettiva... dono raro e bellissimo. Mi complimento per l'omaggio e plaudo i due Poeti e le loro voci che accarezzano e arricchiscono. Un forte abbraccio, amica mia!
Grazie di cuore per questa armoniosa corrispondenza. Marisa
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