Rita
Fulvia Fazio, Desiderio, Racconto *****
Quando poesia e prosa non sono una
accanto all’altra ma, innestandosi in un corpo di scrittura unitario, si fanno
narrazione complementare e di compimento, quanto si legge ha un accento
fortemente di rilievo. Tale è il racconto di Rita Fulvia Fazio “Desiderio”. Già
l’incipit è tutto un programma: “ Era l’estate prestata alla gioia…Il pensiero
aleggiava precario e incerto”. La Fazio subitamente ci immerge in un tempo
sospeso, in apnea, dove la corporeità si fa basalto silenziosa ad un pensiero
mobilissimo tra filosofi e scrittori di universale levatura che zampillano tra
le proprie riflessioni. Riflessioni forti, esistenziali, noetiche, di quelle
che, quando trovano una nicchia nella testa, si fa fatica a rilevarle tanto
sono pressanti e talvolta virulente. L’aria, dunque, è rarefatta per estiva
calura e per quel fuoco che, ardendo dentro, invade tutto fino a straripare
fuori. “..idee a traghettarci nell’infinito indistinto…”: così la temporalità
travalica se stessa nella condensazione istantanea dove il passato e il futuro
sono soltanto nomi e gli avi e la figliolanza si fanno un tutt’uno. Anche chi
dolcemente sta accanto può misteriosamente svanire accerchiando nella
solitudine. Invero, niente cerebralismi in questo racconto: lirismo e pregnanti
metafore rendono il testo fruibile e facilmente prensile. Infine i versi per
camminare oltre, per dire tutto con la simbologia sotterranea: “ma io, mondo,
ostinata e fiera/ ti consegno una preghiera saggia”. Qui si è in un altro
universo, non più mentale ma cordiale, del cuore che sa intuire, che sa
pregare. Pure è una “preghiera saggia”, integrata con l’humus riflessivo, non
legata a qualsivoglia credenza religiosa, quella dell’umanità cosmica. Di un
interiore unitario, si potrebbe senz’altro affermare.
Ester Monachino
Rita
Fulvia Fazio, Echi di luce Fondazione Mario Luzi Editore, 2019
Bisogna sempre
entrare in punta di piedi in un libro. Ci si unisce ad un’anima già nel lampo
delle prime parole. Poi se ne sente, per sotterraneo intuire, la sacralità del
respiro, l’incantamento delle visioni immaginifiche, il consuonare della musica
che fa da sottofondo. Il libro è “Echi di luce” di Rita Fulvia Fazio, edito con
i tipi della Fondazione Mario Luzi in Roma nella prestigiosa collana diretta da
Mattia Leombruno che ne firma la prefazione e con un’acuta postfazione di
Nazario Pardini. La scrittrice, che ben conosciamo nella sensibilissima anima
di poeta, disegna in un turbinio d’incanti i profili d’anima dei genitori che
l’assenza fa maggiormente brillare non solo nelle sfaccettature interiori ma in
ciò che di loro ora viene trasfuso in simbologia, in mito. Occasione, questa,
per volgersi entro se stessa, per ritrovare il proprio tempo possibile
accostandosi all’universo dell’imponderabile, nella costellazione del cuore.
Ora è tempo di camminarsi dentro. Rita Fulvia, riportando al presente le presenze
andate, fermando il tempo, si fa potenza di visione quando scrive: “vado oltre
e oltre il tempo, oltre la bellezza e la sofferenza. Io vado con la mente al
cuore” (pag. 47); e ancora: “vado con la mente al cuore a illuminare
poeticamente silenzi, verità, il tutto e niente di giorni rapiti dal vento
dell’amore” (pag. 57). Con questo viandare interiore infinitamente si ragiona
con pascaliana memoria al di là dei confini razionali, nell’universo che non
separa, un universo che non è enigma ma certezza e comunione e verità profonda.
Ora i ricordi non sono soltanto casa, luoghi, eventi, cibo, atmosfere nel
cinetico succedersi di momenti temporali nell’istantanea di un pensiero. Ora
hanno il prezioso della sostanza, hanno ritrovata l’essenza non transeunte, il
contenuto in sé che non si corrompe perché si è fatto anima o meglio ha
unificato la corporeità con il purissimo sentire, con la meraviglia e lo
stupore di quanto è oltre l’artifizio, il quotidiano caduco ed effimero
dell’oggi. La voce del padre, che risuona ancora nelle orecchie soltanto se
l’orecchio attento si pone in ascolto, non riemerge da non si sa quali baratri
ma è lì, tangibile, auscultabile, commista alla voce del proprio sé; voce che
guida, consiglia, protegge ma al contempo libera (come leggiamo nella splendida
pagina 22). Anche la madre prende ora quegli elementi che appartengono alle
cose profonde e universe: siamo nel mondo dell’immaginifico, del sogno, nel
luogo archetipico delle deità femminili, della sorgente mitica da cui sgorga la
propria personale rivelazione. In tutto il volume si respira con la madre,
onnipresente, epifania del proprio intimo sacro, campo di luce che tesse ogni
istante di vita nel proprio esistere. Il volume, che è strutturato in tre
capitoli ma unitario nella tematica, non può che essere espressione lirica,
profondamente poetica, metaforica, allusiva. Una scrittura fluida, immediata,
suscitatrice di riflessioni, di rimandi. Rita Fulvia, con il suo, ci fa
riconoscere il nostro sguardo e ci fa cogliere le cadenze impalpabili delle
nostre costellazioni originarie.
Ester Monachino
RICEVO E PUBBLICO
RispondiEliminaSono dono, sorprese emozionanti, generosità, humanitas, coscienza e conoscenza, queste profonde, sentite, belle letture della dottoressa Ester Monachino su due miei racconti Desiderio ed Echi di luce. Un commovente, grato ringraziamento, signora Ester, per l'affondo perspicace che rivela e non rivela il mio interiore unitario, la noetica, l'umanità cosmica; che definisce la mia opera, di di compimento. E ancora... il mio pensiero che nel viandare interiore ragiona, indaga le cadenze impalpabili delle costellazioni originarie. "Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas". Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'interiorità dell'uomo abita la verità. Scriveva Sant'Agostino, che, del caso, l'empatia tra scrittrice e lettrice, svela. Condivido con Nazario, ringraziandolo, e i lettori dell'Isola. Cordiali saluti. Rita Fulvia Fazio
Chiedo scusa per un mio errore. È corretto leggere:"... per l'affondo perspicace che rivela il mio interiore unitario,..." Grazie a tutti. Rita
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