Doppia sestina
lirica-rara forma lirica di origine danieliana-
(ovvero dal
provenzale Arnaut Daniel)
ABCDEF
FAEBDC
CFDABE
ECBFAD
DEACFB
BDFECA-
-ABCDEF
FAEBDC
CFDABE
ECBFAD
DEACFB
BDFECA
congedo
AE/CD /FB
Scende la
luce e il giorno corre a sera
I
Scende la luce e il
giorno corre a sera,
così d'autunno si fan
brevi i giorni:
s'avviva il bosco del
color di fiamma
e dei ricordi ancor
ci parla al cuore.
Lontani tempi tornano
nei venti
mentre silenti cadono
le foglie.
II
Ad una ad una,
scendono le foglie,
quando al tramonto,
lenta si fa sera.
E' fredda l'aria, ché
la gelan venti,
mentre riconti sulle
dita i giorni
venuti meno, dentro
al nostro cuore
e ci riscalda ancor
la loro fiamma.
III
Ma trema incerta,
oramai quella fiamma
e vïen meno nel cader
di foglie,
che piano tutto
celano nel cuore,
nello svanire della
luce a sera.
A mano a mano
s'accorciano i giorni
e nella notte si fan
gelo i venti.
IV
Sono passati gli
anni, altro che venti:
del pensar loro ora
vacilla fiamma.
Corrono come una
bufera i giorni,
dal viver nostro
staccano le foglie
e ci troviamo poi di
nuovo a sera,
con quella morte che
raggela il cuore.
V
Pensar la morte ci
attanaglia il cuore,
non v'è riparo a quei
tremendi venti
che fan pensare a
quell'estrema sera
che tutto spegne,
nell'ultima fiamma:
in un incendio sono
arse le foglie
e consumati tutti i
nostri giorni.
VI
Veloci son passati i
brevi giorni,
han traversato come
un lampo il cuore
e in cielo son volate
alte le foglie,
in quel correre
rapido dei venti
che alimentava
l'ardere di fiamma,
ma nulla resta nel
venire sera
VII
e d'altra morte
mormora la sera,
del venir meno che ha
segnato i giorni
ed in un soffio m'ha
spento la fiamma
che mi teneva ancora
acceso il cuore.
Quante parole
viaggiano nei venti,
nello stormire delle
aride foglie.
VIII
E posan lente e
leggere le foglie,
come pensieri,
coprono la sera,
mentre i ricordi
migrano nei venti,
volando ancora a quei
lontani giorni
in cui di te mi si
riempiva il cuore
e li accendevi alla
dolce fiamma.
IX
Eri per me la radïosa
fiamma:
un fuoco acceso con
le rosse foglie
e del tuo amore
m'infiammavi il cuore;
ma in quel silenzio
sceso nella sera,
te ne sei andata e
son fuggiti i giorni
e io nella notte udii
ruggire i venti.
X
E gelidi si fan gli
oscuri venti
che con impeto m'han
spento la fiamma
del dolce amore che
accendeva i giorni.
Ora trascino i passi
tra le foglie,
lungo il sentiero che
conduce a sera
e la speranza viene
meno in cuore.
XI
Amara danza che
m'uccide il cuore
è quell'amore che ho
disperso ai venti,
non resta nulla,
quando viene sera,
e infine anche di te
si spegne fiamma,
un fuoco breve,
acceso con le foglie:
cenere sono ormai gli
usati giorni.
XII
Divora il tempo tutti
i nostri giorni
e così amor che m'ha
ferito al cuore
e arido è il mio
sentir come le foglie:
polvere d'ieri persa
in mezzo ai venti.
Per sempre spenta la
lucente fiamma,
null'altro stringo
che aria nella sera.
CONGEDO
E' corsa via la sera
con i venti
e ancora cresce la
mia fiamma in cuore,
ma come foglie sono i
nostri giorni.
Difficile operazione culturale. Richiama alla mente versi della nostra più significativa tradizione letteraria; dalla scuola toscana al dolcestilnovo, a quella siciliana. Naturalmente al Petrarca che riuniva in sé tutti i tentativi sperimentali antecedenti. E, sinceramente, trovo fluido e ispirato anche il significato. Sapendo che il rischio primo che si corre in questo tipo di composizioni è che la forma prenda il sopravvento sul contenuto, debbo riconoscervi un certo equilibrio, cosa non semplice da raggiungere.
RispondiEliminaProf. Angelo Bozzi
gentilissimo, professor Bozzi, la ringrazio molto
EliminaEd in effetti il riferimento, come ben dice, è stato proprio Francesco Petrarca, con la sua opera 332 del Canzoniere, della quale ho seguito lo schema, discostandomene solo per il congedo, che è ripreso dalla prima delle sestine liriche del medesimo autore.
EliminaMio carissimo Maurizio, vengo a complimentarmi anch'io per questa tua difficile operazione letteraria, che, grazie a vari artisti, in primis Dante, ma soprattutto il Petrarca, ebbe una diffusione impressionante in Italia e in Europa. E poiché parliamo di una forma che cadde in disuso nel Seicento e nel Settecento, occorre coraggio e grande padronanza della vis poetica per riproporla oggi senza darle connotati desueti e per non renderla "grave, e greve, cioè noiosa sì per la lontananza del rimare, come per la continua e sazievole ripetizione delle sei parole ", come asserì Stigliani. Tu riesci a donare alla canzone un tono accorato e dolce, caldo e struggente. La chiusa, ovvero "Il congedo" é lirica in se stessa. Un'autentica perla che scuote le fronde dell'anima e incatena. Ti rivolgo i miei più sentiti complimenti, amico mio... Sai che non sono Poeta, ma il sentire é dono universale.
RispondiEliminaMaria Rizzi
Carissimo Maurizio, questa Poesia è molto bella per genere, metrica, stile e contenuti, un capolavoro tra l'antico e il moderno che riprende una forma poetica molto difficile e in fin dei conti anche rara e, al tempo stesso, una visione tardo-romantica e crepuscolare delle cose e della Vita. Non risulta mai noiosa, e anche con le parole-rime è sempre piacevole alla lettura e alla riflessione. Un capolavoro della Letteratura contemporanea!
RispondiEliminaMassimiliano