lunedì 2 marzo 2015

VITO LOLLI: "OLTRE IL POSTMODERNO"


Franco Campegiani collaboratore di Lèucade

Vito Lolli pittore

DA "FRANCO CAMPEGIANI: "OLTRE IL  POSTMODERNO"": 

Hoelderlin fu il primo a chiamare "aperto" lo spazio che fu chiuso dall'oblìo dell'essere, quello spazio né "personale" né "impersonale", né "interiore" né "esteriore", dove la distinzione io-natura non aveva ancora avuto luogo. La grecità primeva esperì il senso dell'essere e creò quelle parole prime del pensiero occidentale il cui oblìo accade già nelle letture aristoteliche e nel tradurre latino. Con Hoelderlin, appunto, il richiamo dell'"Aperto" ri-evoca la possente Parola Prima di Anassimandro, il detto più antico del pensiero occidentale, quell'"Apeiron" che sente e pensa la verità dell'essere come infinita-indeterminata-incommensurabile. Dunque, ineffabile.
Bisogna essere coraggiosi, Franco. Folli, se ci viene concesso, e capaci di dichiarare l'estinzione di tutto il bagaglio all'interno del quale continuiamo a pensare e parlare. Lo stesso linguaggio dichiara le parole "termini", "definizioni", suggerendoci che la storia del linguaggio non è che l'immagine di una progressiva frammentazione del mondo e della perdita del senso dell'essere come "periechon", "onnicomprensivo". Questo è problematico, Franco. In una storia che dimentica cosa le cose siano perché pensa a valutarle, forse il compito dell'artista non è proprio recuperare e riproporre le cose per quello che sono e non per quello che valgono? 
L'otre vecchio non può contenere vino nuovo. L'ammonimento di Gesù va oltre il marciume in cui la sua figura è stata confinata e conduce chi ha orecchie da intendere alla destrutturazione di tutta la "conoscenza" fino al silenzio. Nessun bambino dovrebbe più essere costretto all'"istruzione" che ne fa solo uno "strumento" per la "struttura"; solo così si apre la possibilità di un nuovo senso dell'essere, di parole mai dette e pensieri mai pensati. Ma questo la nostra civiltà non è neanche in grado di immaginarlo. 
L'infanzia psichica della nostra specie, poeticamente chiamata "volontà di potenza", si sente padrona, dominatrice, vincitrice. Pensa la morte come fine della vita e vuole "sconfiggerla". Ha paura. Pensa che i numeri e il denaro siano valori stabili e incorruttibili e trasforma tutto nella loro apoteosi. In questa impresa, quella che sembrava essere la funzione di punta, la tecnica, si rivela invece l'orizzonte dell'annichilimento di ciò che dell'essere umano avevamo concepito finora, perché l'apparato scientifico-tecnologico fa dell'uomo un funzionario e null'altro. Storia, verità, senso, significato, fede, dubbio, cultura, pensiero, e quant'altro sentivamo essere i tratti certi della nostra identità, si dissolvono nella logica dell'autopotenziamento assoluto della Macchina, che compie così il percorso della volontà di potenza eliminando chi l'ha posta in essere. Il mitologema del Golem e dell'apprendista stregone suona come avviso. Forse lo sapevamo già.
In questo contesto va pensata e vissuta la missione della mitopoiesi. Ma chi può cogliere il prezzo da pagare? Qual è l'entità reale del superamento? Parlare della necessità del superamento con parole logore e consunte, esse stesse da superare, non è perpetuare il pantano potenziandone così l'azione dissolutrice? Quali "avanguardie" non sono altro che funzioni accelerate di una autodissoluzione necessaria? Hanno già spiccato il volo gli uccelli possenti capaci di volare oltre? Si tengono lontani dai nostri sguardi o restano ancora nascosti in attesa della notte? 
Ascoltiamo e ascoltiamoci.

Vito Lolli 

Alla volta di Leucade 

1 commento:

  1. Caro Vito, condivido profondamente la tua esortazione all'ascolto. La mitopoiesi non può spiccare il suo volo al di fuori di questa condizione essenziale. Bisogna disporci all'ascolto della verità, alla ricezione dell'onda che viene dal mistero dell'Oltre e che impropriamente chiamiamo Essere ("impropriamente" perché è innominabile ed impensabile; ma ascoltabile si, in rivelazioni che avvengono nella più privata confidenzialità). Era questo il "daimon" socratico, ed era questa la cosiddetta "musa" dei poeti e degli artisti: termini simbolici che, se diventano feticci, come purtroppo accade, smarriscono ogni valenza di arcana verità. Ciò che a mio parere è indispensabile per disporci all'ascolto di quel mistero che ci intride e ci avvolge, generandoci e rigenerandoci nella vitalità, è il silenzio, il vuoto mentale, la distruzione della superbia, la demolizione dei pregiudizi, degli schemi e delle gabbie dove ci rifugiamo per il timore che abbiamo della libertà. Ma fin quando non abbattiamo questa diga (mentalmente, va da sé), le acque nuove e torrenziali dell'Oltre non potranno invadere la valle della storia, avviando inediti e creativi percorsi di civiltà. Grazie per questo ulteriore contributo.
    Franco Campegiani

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