Ester Cecere, collaboratrice di Lèucade |
“L’Afrique c’est chic. Diario di viaggio di un medico
euro-africano” di Michelangelo Bartolo. Infinito Edizioni, 2018.
“Per compiere grandi
passi, non dobbiamo solo agire, ma anche sognare, non solo pianificare, ma
anche credere” Anatole France
“Prendete la vita con leggerezza, che
leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere
macigni sul cuore” Italo Calvino
Desidero iniziare
questa mia lettura critica con le suddette citazioni e, leggendo, se ne
comprenderà facilmente il perché.
In questo
libro-diario, attraverso una serie di racconti, alcuni dei quali tra loro
collegati, Michelangelo Bartolo riporta alcune sue esperienze vissute in
diversi paesi dell’Africa centrale, dove si è recato come medico impegnato in
missioni umanitarie nell’ambito del programma Dream della Comunità di
Sant'Egidio. In particolare, nel racconto che narra la storia di Salimu,
bambino in cura in un centro sanitario in Tanzania, ci riferisce di com’è nata
in lui l’idea di realizzare una piattaforma di telemedicina che consentisse un
servizio di teleconsulto medico, gratuito e multidisciplinare, avvalendosi di
un pool di specialisti in diverse branche della medicina.
Ecco che trova spazio
la citazione di Anatole France. In seguito a quella esperienza, infatti,
Michelangelo sogna di poter realizzare, attraverso il web, un ponte tra il nord
e il sud del mondo che possa offrire consigli diagnostici e terapeutici. Sogna
ma il suo non è un fantasticare a occhi aperti, uno sterile illudersi. Crede
che l’intuizione che ha avuto sia effettivamente realizzabile e comincia a
pianificare, a coinvolgere altri “visionari” come lui, medici e tecnici
informatici. E, contro ogni aspettativa, il sogno si realizza. Nasce la onlus Global
Health Telemedicine con trentuno centri sanitari installati in ben dodici paesi
africani, che in pochi anni hanno realizzato quasi ottomila teleconsulti grazie
alla collaborazione di oltre centocinquanta medici volontari italiani
appartenenti a ben diciotto specializzazioni mediche differenti.
Questi i fatti ma
torniamo alla narrazione che ci offre istantanee di vita in diversi paesi
africani e anche in Italia attraverso le quali sono evidenziati atteggiamenti,
comportamenti, risposte alle varie situazioni di fronte alle quali la vita ci
pone. Eccone un esempio: “Ogni volta che
propongo a un collega di aiutarmi, puntualizzo subito che con me, da un punto
di vista economico non solo non si guadagna, ma spesso ci si rimette pure. La
cosa sorprendente è che questa affermazione non spaventa affatto”. Ci si trova
quasi impreparati di fronte a queste parole che aprono alla speranza in
un’epoca, l’attuale, caratterizzata da indifferenza, assuefazione all’altrui
sofferenza se non, addirittura, dal razzismo sensu lato e ci mostra come effettivamente il male faccia più
notizia del bene…
E ci parla, l’Autore, con
semplicità, con garbo, senza enfasi, senza retorica del piccolo “Salimu Mtembe, nove anni, HIV positivo… lo
sguardo sempre esageratamente sorridente”, di Lazzaro, con la febbre
altissima, che non piange, non si lamenta
perché se non c’è nessuno che ti ascolta
non ha senso lamentarsi, se nessuno ti può aiutare non serve a niente piangere.
E da padre, questa volta, non da medico, non può non pensare alle attenzioni di
cui gode, al contrario, il suo figlioletto. E ci mostra bambini di strada abituati all’indifferenza di molti, allontanati,
esposti alla violenza, agli abusi, all’illegalità che “lavorano” nelle
discariche, proteggendosi per quanto
possibile da tagli e abrasioni
con lunghe calze, che timidamente chiedono per la loro scuola quaderni, libri,
matite e pennarelli. E istintivamente, prevenendo quasi il lettore, pensa a
quali sarebbero le richieste dei coetanei italiani, mostrando la distanza non solo geografica che c’è.
Lo scopo di
Michelangelo non è quello di suscitare nel lettore sensi di colpa (che pure
sarebbero più che motivati!) ma di presentargli una realtà che ignora e sulla
quale non si sofferma, anche se i mass media di tanto in tanto la portano alla
sua attenzione.
C’è leggerezza,
appunto, nel suo narrare mai superficialità (ricordiamo l’affermazione di Italo
Calvino), dacché l’Autore quelle esperienze le ha vissute in prima persona e
non può non averle tatuate nell’animo. Quelle esperienze che gli hanno permesso
di capire che troppo spesso si fanno
facili semplificazioni cercando subito di etichettare e dividere i buoni dai
cattivi e che la guerra è sempre la
madre di tutte le povertà, miserie, sofferenze, e da medico, precisa, anche di molte malattie. E bonariamente
ci ammonisce perché dovremmo ringraziare
di essere nati dalla parte “giusta” del pianeta, così come ha avuto modo di
realizzare egli stesso osservando la discarica dall’alto del monterozzo di immondizia.
Eppure non manca di considerare
e di portare all’attenzione del lettore la spiritualità autentica nella quale
trasporta la polifonia dei canti
africani, intonati durante la messa dai detenuti il cui sorriso è autentico. E si chiede e ci
chiede: Forse si può essere felici con
niente? Interrogativo al quale noi occidentali non dovremmo sottrarci!
E’ un libro “leggero”
si è detto non “superficiale”, come ha anche evidenziato Andrea Camilleri nella
sua profonda nota. Infatti, l’Autore sottolinea come ci sia bisogno di artigiani della pace e come
in realtà essi esistano quando ci parla della Piattaforma interreligiosa della pace fondata nella repubblica centrafricana
da un cardinale cattolico, dal presidente dell’alleanza evangelica e dal presidente
del consiglio islamico centrafricano per limitare le atrocità della guerra
civile. L’Autore ci mostra, quindi, un’altra realtà a cui non pensiamo,
abituati come siamo a identificare le religioni con gli attentati, i genocidi,
la morte…
Ci svela, Michelangelo,
come il suo coinvolgimento con la repubblica centrafricana sia nato dall’incontro con due persone deboli e
avanti negli anni, e considera che
nessuno è così debole, malato, malandato da non poter collaborare in modo
diverso… e che anche un piccolo
aiuto, inutile dirlo, fa la differenza.
E da “angiologo
pentito”, come scherzando si definisce, esprime concetti degni del più grande
dei pensatori, del più fervente dei religiosi: “Mi piace pensare che i gesti di attenzione che Lazzaro ha ricevuto, in
vario modo e da diverse persone, ora li restituisca ad altri piccoli attraverso
il suo impegno. Altro non è che una trasmissione del bene che si contagia e
trasmette in modo misterioso di mano in mano, di volto in volto, di sorriso in
sorriso”. Ci mette in guardia, Michelangelo, dal “peccato di omissione”, diffuso, tipico del nostro tempo, ben più
pesante di molte altre colpe che qualcuno ritiene gravissime. Non fare quel poco di bene che si potrebbe
fare.
Elogia internet, che
permette di creare una breccia nei muri, costruire ponti, superare le
frontiere. “Non ci si salva da soli e
tanto meno alzando muri, barriere e divisioni” afferma, in netta e decisa
antitesi con la politica attuale del nostro paese nei riguardi dei migranti. Non
si tratta, tuttavia, di un castigat
ridendo mores, ché l’Autore non intende rimproverare nessuno, semmai
raccogliere proseliti.
Un libro che tutti
dovrebbero leggere, giovani e meno giovani, perché fa riflettere divertendo,
provoca intrattenendo.
Non si pensi,
tuttavia, che Michelangelo, che vuole essere chiamato Michele poiché ritiene il
suo vero nome tropo impegnativo, sia serioso, poco incline allo scherzo, dacché
di sé scrive: “…Tra qualche informatore
farmaceutico sul mio cognome ha iniziato a girare una battuta che, se da una
parte esaltava la professionalità di mio padre, dall’altra non faceva
esattamente lo stesso con la mia: si dice che mio padre abbia fondato
l’angiologia in Italia e che io l’abbia affondata. Tutta invidia”. Torna la
leggerezza, caratterizzata da simpaticissima autoironia.
Desidero concludere
con le sue parole: “Grazie a quello
sguardo provocante (di Salimu) e a
quell’idea di realizzare una cosa impossibile, oggi migliaia di donne, uomini e
bambini usufruiscono del servizio di telemedicina… Bisogna solo avere la
pazienza o forse… quel pizzico di pazzia, per mettere insieme persone che,
anche se non s’incontreranno mai, potranno compiere, anche a distanza, magari
con un teleconsulto grandi opere”.
Del resto, il filoso
Bertrand Russel, insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1950, affermava “Gli ingenui non sapevano che
l’impresa era impossibile, dunque la fecero”.
ESTER CECERE INTERVISTA:
http://www.fattitaliani.it/2019/04/ester-cecere-scrittrice-poetessa-e.html?fbclid=IwAR3IxIUwX5sB-KG5t-3ArP-OS1K4GR0Oaky5yHy4tljvtQ3tJDaF9ObjqiE
Questa tua è una bella presentazione, cara Ester, e non solo dal punto di vista letterario, ma soprattutto per quanto "racconta" e commenta, di un libro che si intuisce di notevole interesse, per il messaggio di profonda umanità che trasmette ,come dici tu, in modo leggero.
RispondiEliminaLeggo qualche espressione che mi colpisce: " una trasmissione del bene che ci contagia..." e "Non ci si salva da soli e tanto meno alzando muri, barriere e divisioni." Sono parole su cui è bene per tutti meditare . Grazie e complimenti per te e per l'Autore.
Edda Conte.
Carissima Edda, grazie per l'attenzione che riservi sempre a quanto scrivo. Il libro, per i messaggi che trasmette, merita di essere letto. L'Autore, nella sua semplicità, è una persona eccezionale. Colgo l'occasione per ringraziare il carissimo Nazario che mi "ospita sulla sua isola" sempre con grande affetto.
RispondiEliminaEster Cecere
Cara Ester, mi avevi pre-annunciato che avresti fatto una recensione del mio libro ma hai fatto un'analisi del testo e dei contenuti che mi fanno quasi arrossire. Grazie per la passione e per le citazioni quasi esagerate che, tra l'altro, aiutano anche me a comprendere meglio ciò che ho scritto. Raccontare ciò che si è vissuto, cercare di spiegare, comprendere la complessità del mondo, insinuare qualche dubbio in chi ha facili giudizi e sa sempre da che parte sono i buoni, di chi è la colpa ecc ecc, è forse uno dei motivi per il quale mi diletto a scrivere. Federico Rampini, giornalista e saggista, in un suo libro "Il tradimento" afferma (cito a memoria): "Le società che sono in ascesa costruiscono strade, quelle in declino costruiscono muri". Mi chiedo se con tutti questi muri che si stanno moltiplicando stiamo anche noi iniziando il nostro declino. Grazie Ester dei tuoi commenti. Michelangelo Bartolo
RispondiEliminaGrazie Rita delle tue parole. In verità, desidero precisare che il commento critico è fluito con rapidità e spontaneità, poiché il libro mi è piaciuto davvero e merita! A Michelangelo rispondo che le citazioni non sono esagerate; avvalorano la mia recensione e le sue testimonianze.
RispondiEliminaEster Cecere
Naturalmente non posso commentare il libro, anche se l'ho avuto fra le mani, essendo Michelangelo Bartolo uno degli autori che ha partecipato e vinto al Premio "La girandola delle parole", concorso da me ideato e organizzato dalla Pro Loco Limbiate. Ho tenuto il libro per me perchè voglio leggerlo, anche se mi ero già accorta della sua preziosità. Sottolineo invece il "commento" alla recensione dello stesso di Ester Cecere, che non solo ha letto minuziosamente il libro, ma ha valorizzato le parole e le emozioni in esso contenute. Un grande elogio va sicuramente a Michelangelo Bartolo, ma Ester bravissima, ha saputo cogliere il senso profondo e il grande valore del tema trattato nel romanzo.
RispondiEliminaRita Iacomino
Bella recensione che evidenzia come peccare di omissioni possa impedire la trasmissione del bene. Grazie Ester per averci fatto scoprire che esistono persone come Michelangelo Bartolo che sono portatori sani di speranza per un mondo più solidale
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