QUALCOSA SU : NAZARIO PARDINI
Stamani ero all'ospedale
e mi ero portata dietro per ingannare l'attesa delle fila “ I dintorni della
solitudine”. Mi ha colpita una poesia, così tanto che ho chiesto ad una signora
un fogliettino del suo blocchetto ed ho scritto di getto questo breve commento.
IL FALCIONE
Nel mezzo ai tanti
attrezzi è lì un po' triste
il falcione che più
profuma d'erba;
ha perso la sua foga fra
le miste
ferraglie di cantina;
anche se acerba
la verzura del campo
nelle mani
callose di mio padre si
accendeva
dei riflessi del sole ed
i suoi suoni
sembravano dei canti a
Primavera.
Ora è lì, senza voce: una
bestia ferita,
accanto ad una cesta e ad
un barile.
Nemmeno ti risponde se lo
chiami.
La lama arrugginita pare
cinta
da un'aria d'abbandono.
Nel cortile
l'ho portato, all'aperto,
fra i richiami
di paperi e galline.
Riluceva;
mi sembrava felice; era
una spera.
Splendida! Se
l'entusiasmo mi prende devo dirlo e lo scrivo qui, in ospedale- “ Il falcione”
da “ I dintorni della solitudine” di Nazario Pardini... il falcione,
oggetto-persona, colmo di solitudine e di noia, e vuoto d'abbandono! E' il tema
che ritrovo qualche pagina dopo nella poesia “L'aratro”, entrambi segno di un
lavoro contadino antico che ha lasciato il posto a cose nuove e di una vita
agreste in cui il tempo scorreva più lento, con più fatica e meno stress, in
cui lo sguardo si perdeva in un orizzonte “ vasto a dismisura” . Sentirsi méssi
da parte, magari dopo una vita di lavoro, magari proprio dall'andare delle
cose, dai molteplici casi dell'esistere, è bruciante. Non ci sono nell'ombra
della cantina i riflessi di sole della verdura, non ha più voce il falcione che
cantava un canto di Primavera fra le mani laboriose, dure di lavoro e care del
padre del Poeta. La solitudine, sentirsi inutili e trascurati svuota l'anima, e
taglia, a lungo andare, ogni lamento, mentre la voglia di vivere si
rincantuccia in silenzio. Come può commuoverci la sorte di un oggetto?
Può!...quando l'oggetto diventa una bestia ferita, quando l'oggetto-bestia
ferita si fa immagine della paura d'abbandono che cova in tutti noi. Può
accadere di perdere ogni capacità di reagire. Pure ci vuole tanto poco a
risollevare un'anima! Un gesto di affetto, un po' di cura e di attenzione. E
qui torna il tema della natura salvifica tanto caro a chi, come il nostro, sa
cosa voglia dire vivere nella libertà, nella semplicità della campagna dove si
è vicini alla parte più chiara di noi . Lo sa bene chi, come me, l'ha provato,
chi ha conosciuto nella depressione l'indimenticabile ora di sollievo su un
viottolo di campagna, fra i girasoli, guardando il volo di un aquilone. Nel suo
mondo semplice di paperi e galline, il falcione torna a illuminarsi; lì, fra le
cose familiari, quelle che amava e da cui era stato separato egli ritrova se
stesso. C'è bisogno di amore, per tutti, e c'è bisogno della forza viva, dell'
infaticabile spalla della Natura a cui appoggiarci, per ritrovare le radici
della pace. Questa forza mi raggiunge attraverso le parole della poesia anche
qui, ed anche qui, benché filtrata, mi dà sollievo.
Poi ho telefonato a
Luciano Domenighini e gli ho proposto di postare anche lui una poesia con
commento suo sempre da I dintorni della solitudine o anche da
altri libri sempre suoi, professore, di scegliere quella che vuole ed io
la fisserò in cima martedì prossimo e lo stesso proporrò a Serenella Menichetti
per il martedì dopo e anche a Marisa Cossu, anzi glielo dico ora a tutt'e due
così scelgono . Poi vediamo, ora l'idea è in erba, mi è venuta un quarto
d'ora fa :-)
Gli amici hanno accolto immediatamente l'invito, e con entusiasmo;sono tutti ottimi poeti e sensibili lettori. Sarà un piacere presentare alcune delle Sue bellissime poesie nel nostro gruppo.
RispondiEliminaE sarà un onore per il gruppo, al quale indegnamente appartengo, riceverle.Bellissimo il tuo tributo, Lidia. Sei una grande Donna e una vera critica letteraria. Auguri di cuore e il più grande degli abbracci a te e ai tuoi cari!
RispondiEliminaMaria Rizzi
Mi perdoni signora Rizzi, ma questa lettura non dimostra affatto nessuna competenza da critico letterario e, anzi, sembra l'analisi che può scrivere un ragazzino della scuola media inferiore che, non avendo ancora una cultura poetica, non si può accorgere del sentimento pascoliano che anima la poesia di Pardini, ben sottolineato da quell'unico verso che non è endecasillabo ("Ora è lì, senza voce: una bestia ferita") e che riconduce al X Agosto.
RispondiEliminaUna lettrice del blog.
Melania D'Amico