Maurizio Soldini |
Maria Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
Lorena Turri collaboratrice di Lèucade |
Oratorio è il titolo del nuovo
poemetto che M. Soldini ci propone. E dei molteplici significati che, come dice
il vocabolario, il termine suggerisce: luogo consacrato,destinato alla
preghiera e al culto privato di famiglie o comunità, oppure, ed è termine
aulico,composizione musicale d'ispirazione religiosa,oppure ancora quello più
letterario legato allo stile comunicativo, Soldini sceglie semplicemente il più comune, il più
conosciuto,senza alcuna complicanza interpretativa poetica o intellettuale:
l’edificio della comunità cristiana di aggregazione giovanile.
Parliamo
dunque di luogo dove “la masnada di ragazzi” tra “tramestio di panche, odore di
mensa e d’incenso”, finita l’ultima preghiera, congedati con un conclusivo“ora
prio nobis” liberatorio, si dedica al gioco:il ping-pong tradizionale, il
calcio e il calciobalilla…
Non
manca nessun rito dell’educazione cattolica: il canto, la predica, la dottrina,
la messa, i ritiri spirituali, le processioni….
“la
sorte ha dato a noi questo oratorio/in un quartiere proprio tutto nuovo/ ai
margini di Montesacro e Val Melaina…”
Compaiono
figure della realtà quotidiana, con le loro caratteristiche, frustrazioni e
‘frasi fatte’, il cui accostamento fa scattare sorprese esistenziali insperate:
don Lai, “abbrivio ai piccoli cantori”… don Abbà ,“il filosofo virtuoso” …Ed
inedite buone volontà… “a scucir la predica a don Braido”… e all'ombra di don
Bosco e Domenico Savio i festival della canzone di maggio….
La
poesia non dipende da ciò di cui si parla, ma dallo sguardo che si utilizza per
vedere e far vedere le cose: anche quelle all’apparenza più povere e banali. È
questa la lezione di Pascoli, dei crepuscolari di inizio secolo,Govoni,
Gozzano, Lucini, Moretti…, ha in comune
l’ansia di parlare della propria esistenza, di fare della poesia uno strumento
volto alla costruzione della propria autobiografia. Poesia artigianale, eppure
verseggiare suggestivo, non privo di maestria crepuscolare, un po’ironico, o
meglio autoironico, ( ma di mano leggera):
“
sorte la chiama chi rifiuta provvidenza/ un oratorio è invece provvido di
intese/ che
ognuno serba nei suoi anni…”: si intuiscono impulsi sociali, di reminiscenze
cattoliche, di una sorta di limbo che rifiuta di invecchiare, la felicità del
ricordo antico: le finestre imbandierate per Paolo VI…, la foto con Giovanni
Paolo….
Una
realtà in-poetica che percepisce la letteratura e l’arte forse come “perdita di
tempo”, un realismo anti-lirico, che utilizza immagini e parole del quotidiano.
La
poesia di Soldini presenta neologismi
con parole dell’italiano comune, e voluti colloquialismi.
E’ una
poesia, quindi che si fa fotografia della realtà che prende a soggetto.
Tuttavia una fotografia fortemente amata, interiorizzata, “dice il quotidiano”, quasi dimenticando che il
quotidiano è anche un sistema simbolico-culturale-intellettuale.
Una
poesia essenzialmente semplice, a tratti prosastica, lineare, con una
musicalità che distende i toni nella confidenza, li accelera nei momenti di
entusiasmo vicina ai ritmi dell’uomo che, affannato, nella routine quotidiana,
tenta in ogni modo di liberarsi della monotonia e del grigio della banalità,
per dare valore ai momenti di convivialità.
Non
scarta il momento teatrale, giocoso, sa che la tradizione è legata alla culla e
che solo in questo percorso ritrovato ci è dato di fare del rito una pratica
della verità.
Le
evidenze di questo stile: la naturalezza della metrica; le rime che arrivano a sorpresa, quando si
annuncia una minaccia di disordine; la sintassi elementare e lineare, tagliata
a misura del verso, o dilatata fuori misura, che aggiunge specificazioni; il
lessico parlato e parlabile amorevolmente preciso, non sospettabile di
squisitezza letteraria. All’improvvisazione si alternano le tecniche retoriche,
gli spazi mentali, i tempi vocali del recitativo, rallentato delle descrizioni
della quotidianità più minuta per la costruzione del poemetto a tema.
Facile: ma comunque si definisca la poesia,
non si può rinunciare “a priori” alla dicibilità del mondo e dell’esperienza
Maria Grazia Ferraris
Maurizio Soldini
ritorna sullo scoglio di Lèucade con un “poemetto narrativo-minimalista giocato
su un pedale basso sulla poetica di Giovanni Giudici e la sua "vita in
versi"...” (come ci scrive) che rende omaggio a Don Giovanni Bosco, il
santo dei giovani.
Scriveva il poeta
postermetico Giovanni Giudici nella raccolta “La vita in versi” del 1965, da
cui è tratta questa terzina, insistendo sulla vicenda autobiografica:
“Metti in versi la
vita, trascrivi
fedelmente, senza
tacere
particolare alcuno,
l'evidenza dei vivi.”
Tradotte in versi,
vita e poesia sono indissolubilmente legate, in forma sentenziosa e sorretta da una intensa
moralità, di ascendenza montaliana e pasoliniana. Una poesia della quotidianità,
quella di Giudici, che abbandona le venature “civili” della prosa realistica
del secondo dopoguerra per soffermarsi sulla propria esistenza minima. Poesia
vibrante di una persistente volontà di dire in versi la sua autobiografia, per
riscattare, in quella fase storica in cui la prepotenza del nuovo capitalismo
riduceva l’individuo a mera figura sociale, una necessità biologica. Il poeta
oggettiva se stesso in un alter ego per contraddire un’epoca sorda ed inumana.
Avvalorando Giudici,
Soldini ci narra, in forma di poemetto, della vita oratoriale, a ricordo di un
tempo vissuto. E lo fa in moderne terzine di endecasillabi, talvolta
trasgressivi, prive di punteggiatura e omettendo la maiuscola nella prima
parola, a voler dare quasi segno della continuità di un discorso
precedentemente aperto scaturito da una intima riflessione sulla situazione,
cara a Maurizio, dei molti, troppi, giovani che oggi, affondano nel nichilismo
incapaci di trovare o dare un senso alla vita, con tutte le conseguenze che
sappiamo derivarne.
E allora, attraverso
la sua esperienza di vita e la sua narrazione minuziosa che rammenta luoghi,
persone, profumi, giochi, eventi e sentimenti, l’autore “sentenzia” la
necessità di “crescere nella solarità di un bel frastuono/ all'ombra di un
sant'uomo nato duecento/ anni or sono che volle follemente l'oratorio/ e ha
regalato a noi un cielo tutto d'oro”.
Soldini, sottolinea
così l’importanza dell’azione pedagogica, morale e umana di Don Bosco, basata
sul metodo preventivo, di educazione attraverso la ragione, l’amorevolezza e la
fede religiosa alla virtù, per il raggiungimento, non soltanto del proprio bene
ma anche, di conseguenza, del bene di tutta la comunità, in armonica letizia.
Lorena Turri
Lorena Turri
Un poemetto narrativo-minimalista giocato su un pedale basso sulla
poetica di Giovanni Giudici e la sua "vita in versi"...
ORATORIO
tramestio di panche nella corsa
per l'adunata ai vertici del canto
nell'odore della mensa e di arance
un filo di incenso fumante nell'aria
e poi "ora pro nobis" e un "sempre
sia lodato" liberatorio al gioco
tra tavoli di ping pong e calciobalilla
una medaglia di domenica mattina
e Peppe Bertorello sempre sorridente
tra la legatoria e mille maglie
si asciuga la dolcezza che trasuda
a tener buona una masnada di ragazzi
don Lai abbrivio ai piccoli cantori
don Nonne severo nella direzione
e don Abbà il filosofo virtuoso
che fischia i falli sul campo di pallone
ma prima tutti a messa con don Carlo
il parroco della prima comunione
o a scucir la predica a don Braido
e poi tutti a dottrina il sabato
la cresima col Vescovo di zona
silenzi dei ritiri spirituali all'ombra
di don Bosco e Domenico Savio
i festival della canzone di maggio
all'imbrunire la festa di Maria Ausiliatrice
la processione accesa per le vie
le suore e i salesiani all'Ateneo
tanti studenti santi professori
un giorno alcuni anche famosi
a reggere le sorti pontificie
la sorte ha dato a noi questo oratorio
in un quartiere proprio tutto nuovo
ai margini di Montesacro e Val Melaina
sorte la chiama chi rifiuta provvidenza
un oratorio è invece provvido di intese
che ognuno serba nei suoi anni
segnati dallo spirito del canto
dai giochi e dalle riflessioni di quel santo
i giovani rimangono come erano
anche se inceneriscono i capelli
i giovani che videro affacciati
alle finestre imbandierate Paolo VI
su quella striscia d'asfalto in mezzo ai prati
a dare la benedizione all'opera voluta
da quel buon papa che non fece a tempo
la chiesa era gremita con Giovanni Paolo
mio padre gli sorride nella foto
la chiesa nuova al posto della fossa dei leoni
dove un campetto faceva l'alter ego al campo
vero dove le maglie rosse del don Bosco
facevan da volano alle passioni
accanto alla palestra dove i cestisti
si libravano guidati da Vincenzo
che il pomeriggio sonava la chitarra
il premio della gioia un bel presagio
nel gioco della vita se hai avuto la fortuna
di crescere nella solarità di un bel frastuono
all'ombra di un sant'uomo nato duecento
anni or sono che volle follemente l'oratorio
e ha regalato a noi un cielo tutto d'oro
tramestio di panche nella corsa
per l'adunata ai vertici del canto
nell'odore della mensa e di arance
un filo di incenso fumante nell'aria
e poi "ora pro nobis" e un "sempre
sia lodato" liberatorio al gioco
tra tavoli di ping pong e calciobalilla
una medaglia di domenica mattina
e Peppe Bertorello sempre sorridente
tra la legatoria e mille maglie
si asciuga la dolcezza che trasuda
a tener buona una masnada di ragazzi
don Lai abbrivio ai piccoli cantori
don Nonne severo nella direzione
e don Abbà il filosofo virtuoso
che fischia i falli sul campo di pallone
ma prima tutti a messa con don Carlo
il parroco della prima comunione
o a scucir la predica a don Braido
e poi tutti a dottrina il sabato
la cresima col Vescovo di zona
silenzi dei ritiri spirituali all'ombra
di don Bosco e Domenico Savio
i festival della canzone di maggio
all'imbrunire la festa di Maria Ausiliatrice
la processione accesa per le vie
le suore e i salesiani all'Ateneo
tanti studenti santi professori
un giorno alcuni anche famosi
a reggere le sorti pontificie
la sorte ha dato a noi questo oratorio
in un quartiere proprio tutto nuovo
ai margini di Montesacro e Val Melaina
sorte la chiama chi rifiuta provvidenza
un oratorio è invece provvido di intese
che ognuno serba nei suoi anni
segnati dallo spirito del canto
dai giochi e dalle riflessioni di quel santo
i giovani rimangono come erano
anche se inceneriscono i capelli
i giovani che videro affacciati
alle finestre imbandierate Paolo VI
su quella striscia d'asfalto in mezzo ai prati
a dare la benedizione all'opera voluta
da quel buon papa che non fece a tempo
la chiesa era gremita con Giovanni Paolo
mio padre gli sorride nella foto
la chiesa nuova al posto della fossa dei leoni
dove un campetto faceva l'alter ego al campo
vero dove le maglie rosse del don Bosco
facevan da volano alle passioni
accanto alla palestra dove i cestisti
si libravano guidati da Vincenzo
che il pomeriggio sonava la chitarra
il premio della gioia un bel presagio
nel gioco della vita se hai avuto la fortuna
di crescere nella solarità di un bel frastuono
all'ombra di un sant'uomo nato duecento
anni or sono che volle follemente l'oratorio
e ha regalato a noi un cielo tutto d'oro
Maurizio Soldini
Un sentito ringraziamento a Maria Grazia Ferraris e a Lorena Turri per avere individuato nella loro preziosa Lettura del poemetto "Oratorio" molti aspetti dell'intentio auctoris. Vero è che ne emergono anche altri aspetti interpretativi legati all'intenzione del lettore, i quali accrescono le possibilità ermeneutiche del testo e ne danno contezza all'autore che in tal modo si arricchisce in surplus.
RispondiEliminaMi sono cari gli accostamenti alla poetica di Giovanni Giudici, che ritengo uno dei maggiori maestri del Novecento, anche per essere voluto andare per lo più in deroga sia alla lirica sia all'ermetismo, anche se ci ha lasciato una poetica fatta di più registri e di plurivocità che in taluni casi hanno raggiunto punte di lirismo assoluto.
Il linguaggio poetico non può non essere aderente al linguaggio parlato, così come non può non tenere conto del linguaggio e delle forme della poesia nel corso dei secoli. Sta al poeta essere artefice di una messa in opera di armonia linguistica. E sta anche al lettore e ancor più al critico tenere presente le possibilità del poeta che può scegliere ad esempio se volare alto o basso, se lasciarsi andare al canto serafico o all'urlo strozzato.
Grazie anche per aver delucidato in universali l'oggetto a tema, l'Oratorio, e la figura ancora oggi carismatica di una figura esemplare di cui quest'anno cade il duecentesimo anno dalla nascia, don Bosco, il santo dei giovani che mirava a fare santi gli altri e pregava per questo il Signore che gli affidasse le anime dei ragazzi e solo quelle: "Da mihi animas, coetera tolle".
Potrei dire altro ma mi fermo qui, ringraziando ancora Maria Grazia e Lorena, anche per il fatto che pur non conoscendo gli antefatti esistenziali e storici e i personaggi del "particolare" di questo poemetto ne hanno afferrato l'essenza e l'hanno sapientemente traslata "in universali".
Infine, grazie ancora a Nazario Pardini per avermi ospitato ancora una volta su Leucade consentomi di poter entrare in dialogo su quanto più ci sta a cuore: la Poesia.
Maurizio Soldini
Prof. Maurizio Soldini