Sandro Angelucci collaboratore di Lèucade |
Carmelo Consoli collaboratore di Lèucade |
GLI ORTI SUL FIUME
DI CARMELO CONSOLI
Conosco
gli orti di cui parla Carmelo Consoli in questa lirica.
Anche
dalle mie parti – pur non essendoci la metropolitana – esistono uomini che
lasciano “cieli di cemento” per una piccola (ma infinita) “felicità di vita
agreste”. Sono, per lo più, pensionati in cerca di un’oasi dove poter ancora
sorridere e condividere la felicità insieme alla natura.
Il
Poeta fiorentino dà voce a tutte le creature che popolano queste “isole
appartate”: così, dal prezzemolo alla libellula, dall’insalata alle rane,
dall’asparago alle cicale, si alza un unico, inconfondibile canto, quello mai
domo della poesia.
Il
culmine, l’acuto – a mio avviso – è raggiunto quando, sul finire, si staglia
netta la distanza: lassù, sopra gli argini, vive la “certezza triste” dell’uomo
moderno, dell’homo sapiens; quaggiù, nelle oasi degli orti, la sua dispersione,
il suo ridimensionamento; in una parola sola, la sua fede.
Sandro
Angelucci
Gli orti sul fiume
Felicità di fioriture tra i canali,
felicità piccola di vita agreste.
Gli orti sul fiume chiusi dai canneti
celano nutrie, aironi cinerini, uomini
sfuggiti
al tempo delle metropolitane
calati
dagli argini dei ponti,
lasciati
altri cieli
di cemento.
Tra verdi silenzi di fluviali nebbie
il pomodoro divide il sole
con i rospi e le ninfee, la zucchina
stende la sua ombra tra liquide anse
e il fiume rallenta il suo affanno
verso il mare, accarezza la menta,
il
prezzemolo, si fa festa di girini,
volo
di libellule.
Felicità d' usignoli,
felicità d'api e calabroni.
Sorridono gli orti sul fiume,
nascoste oasi d' una città grigia
nelle
rosate brine del
mattino,
nei vermigli ricami delle sponde a sera.
Svelano
gioie discrete
di isole
appartate,
mentre sopra tra i palazzi
respirano a fatica le ortensie dei giardini,
muoiono i pioppi nei viali.
Lassù l'uomo ha la sua certezza triste
di computer, coincidenze, autostrade.
Quaggiù è un disperso tra gli aromi
che dà il buongiorno al butto dell'asparago,
bacia la sua fresca insalata,
parla con le rane, le cicale,
balla una danza gialla di farfalle.
Carmelo Consoli
Parlare di felicità in poesia, non è facile. Il rischio è di cadere nel banale o nella complessità filosofica.
RispondiEliminaPiù facile è dire della non-felicità come ebbe a scrivere Montale: “Codesto solo oggi possiamo dirti,/ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”
Invece, in questa sua lirica, Carmelo Consoli ci dipinge la felicità con un canto tutto intriso di bucolica armonia.
L’uomo metropolitano non sa cosa sia perché ha solo la “certezza triste/di computer, coincidenze, autostrade”.
Della felicità, scrisse, Trilussa:
“C’è un’ape che si posa
su un bocciolo di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.”
E, scrive il nostro Poeta, è “Felicità d' usignoli,/ felicità d'api e calabroni.”, la piccola felicità della vita agreste dove tutto è in armonia e persino “il fiume rallenta il suo affanno/verso il mare”, accarezzando le erbette profumate che crescono lungo gli argini suscitando “festa di girini/ volo di libellule”.
Al grigiore della città di cemento si contrappongono i colori: il verde, il rosato, il vermiglio, il giallo… e vige una condivisione fraterna e solidale: “il pomodoro divide il sole/ con i rospi e le ninfee”.
Qui “sorridono gli orti” mentre “lassù”, “sopra” c’è solo tristezza, nessun sorriso, e la fatica di affannati respiri. Quei due avverbi di luogo sono semanticamente rilevanti e significativi per dirci che le “gioie discrete, che stanno alla base della felicità, si possono trovare solamente nelle piccole cose terrestri, perché queste ci appartengono tanto da farci elevare sino a “balla(re) una danza gialla di farfalla”. Ed ecco come Carmelo ci pennella la felicità!
Grazie per questo bel dono poetico e grazie a Sandro Angelucci per averlo proposto.
Lorena Turri